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Il tempio di Giove Capitolino era il più importante dei tem-
pli presenti a Roma e forse il più importante di tutto lo Stato;
era dedicato a Giove Ottimo Massimo e a Giunone e Miner-
va, le altre due divinità della "triade capitolina".
La tradizione vuole che il tempio sia stato costruito quale
"contraltare" di quello dedicato a Iuppiter Latiaris, sull'odierno
Monte Albano dal re Tarquinio Prisco; il tempio sul colle ca-
pitolino sarebbe stato avviato da Tarquinio Prisco verso il
575 a.C., con la costruzione di un enorme terrapieno cinto da
un muro, sull'altura meridionale del colle conosciuto con il
nome di Capitolium (sembra che il nome derivi dal ritrova-
mento, durante i lavori, di un teschio appartenente al corpo
del condottiero Aulo Vibenna (da qui Caput O/i).
I lavori, rimasti a lungo sospesi, vennero ripresi ultimati da
Tarquinio il Superbo con l'intervento di artisti e artigiani
etruschi (tra i quali lo scultore Vulca, di Veio, che realizzò la
statua di culto di Giove, vestito con gli abiti e le insegne del-
la regalità poi indossate dai condottieri nel giorno del trion-
fo); il tempio però venne inaugurato nel 509 a.C. da M. Ora-
zio Pulvillo, uno dei due consoli del primo anno della Re-
pubblica.
L'edificio era di dimensioni gigantesche (misurava m 53 per
62 circa) ed era orientato verso sudest e preceduto da una
gradinata posta tra due avancorpi. Per metà era costituito
dal pronao formato da tre file di sei colonne tuscaniche, di
tufo, e per l'altra metà dalla cella; quest'ultima era fiancheg-
giata da sei colonne per parte ed era divisa in tre ambienti:
l'ambiente centrale era dedicato a Giove, l'ambiente di sini-
stra era dedicato a Giunone mentre quello di destra a Miner-
va. Il lato di fondo era chiuso da un muro continuo contro il
quale si attestavano le file esterne delle colonne e i muri pe-
rimetrali della cella.
All'interno del tempio erano conservati, in una teca di mar-
mo, i Libri Sibillini.
Davanti al tempio terminavano i cortei trionfali, mentre ad
ogni inizio d'anno i nuovi consoli, che iniziavano il loro inca-
rico, svolgevano dei sacrifici solenni quale segno augurale.
Il tempio subì numerosi restauri e miglioramenti nel corso
dei secoli; uno dei miglioramenti lo si ebbe nel 296 a.C., a
cura degli edili Cn. e Q. Ogulnio che fecero sostituire la
quadriga fittile di Giove posta sul vertice del frontone con
una di bronzo, realizzata coi proventi delle multe inflitte agli
usurai; mentre nel 142 a.C. il soffitto venne coperto con lastre
di bronzo dorato.
Il tempio venne molto spesso danneggiato dagli agenti
atmosferici (soprattutto dai fulmini), e venne completamente
distrutto nell' 83 a.C. e ricostruito per iniziativa di Silla, a cu-
ra del console Q. Lutazio Catulo.
Inaugurato nel 69 a.C., il nuovo tempio venne ricostruito
uguale al precedente, mentre la nuova statua di culto di Gio-
ve, realizzata in marmo, venne creata prendendo ispirazione
dallo Zeus di Olimpia. Restaurato da Augusto, subì un nuo-
vo incendio nel anno 69 d.C. (durante le lotte tra i partigiani
di Vespasiano e quelli di Vitellio) e, dopo essere stato da
poco restaurato dallo stesso Vespasiano, venne distrutto da
un altro incendio nell' 80 d.C.
La ricostruzione, mantenendo le stesse fondazioni e uguali
dimensioni, fu avviata da Tito e completata da Domiziano
con grande impiego di marmo (pentelico, per le colonne) e
bronzo dorato (porte, tegole ecc.).
Il tempio era ancora intatto alla fine del IV secolo d.C.
In seguito, con l'abbandono, venne avviata l'opera di spolia
zione e di esso non è rimasto più nulla. Rimane ancora, al di
sotto e intorno al Palazzo Caffarelli, gran parte del basamen-
to del tempio più antico.
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